
Decorazioni geometriche sulla facciata della Badia Fiesolana
Se vi capita di passare davanti alla facciata della Badia Fiesolana, vale la pena fermarsi un attimo a guardare quelle decorazioni geometriche – cerchi, rosoni, stelle di marmo bianco e serpentino verde – che sembrano solo il vezzo ornamentale di una facciata rimasta incompleta. A prima vista paiono un esercizio di bravura degli scalpellini, e invece dentro quelle forme c’è un mondo intero.
Sono lavori dell’XI-XII secolo, nel pieno della stagione romanica toscana. Un’epoca in cui Firenze e Fiesole si divertivano a creare facciate che erano una specie di codice in pietra: ordine, perfezione, ritmo. Le forme vengono dalla tarda Roma imperiale – quegli intarsi geometrici non sono altro che una rielaborazione medievale delle tecniche dell’opus sectile. E il verde? Quel serpentino scuro delle cave del Monteferrato pratese, che oggi associamo a Firenze, nel mondo romano era materiale di lusso, da palazzi imperiali. Metterlo qui, su una badia, era un modo elegante per dire: “non siamo affatto periferia”.
Rimane impressionante la coerenza: i cerchi come simbolo della perfezione divina, le stelle come luce e creazione, gli intrecci come continuità e ritmo cosmico. E sotto a tutto, quel respiro romano che passa dal marmo antico alla fantasia medievale.
Poi arriva il Rinascimento, che fa il suo solito trucco da prestigiatore: guarda queste geometrie, finge di “tornare all’antico”, e in realtà ricompone tutto secondo una nuova logica di proporzioni e di ordine mentale. Brunelleschi, Alberti, Michelozzo… tutti riprendono i moduli dell’antichità, ma solo per creare qualcosa che gli antichi non avevano mai immaginato. Roma usata come specchio, Firenze come cervello.
E così, davanti alla Badia Fiesolana, ci si rende conto che il dialogo tra Medioevo, Roma imperiale e Rinascimento non è una bella teoria da manuale: è inciso qui, a colpi di scalpello, in un mosaico di pietre che continuano a raccontare la loro storia a chi ha voglia di ascoltarla.

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