Sarcofago e statua di Ferdinando I |
A Firenze c'è un luogo in cui si coniugano sfarzo e celebrazione, decadenza e caducità. Un posto in cui la "meraviglia" seicentesca raggiunge vertici incomparabili di arte e artigianato per celebrare una dinastia - quella medicea - che nei due secoli precedenti aveva stampato fermamente il suo sigillo sulla Toscana e che nell'attraversare un secolo di ferro e sangue come il Seicento sentiva già incombere su di sé, inesorabile, l'ombra della fine.
Dietro all'altare |
Questo luogo è la Cappella dei Principi in San Lorenzo. È il canto del cigno degli ultimi Medici: il loro sepolcro, cupo e grandioso, lucido di marmi e pietre dure, rivestito di meravigliosi pannelli in commesso per creare i quali venne fondato un Opificio - detto appunto "Delle Pietre Dure" - che ha sfornato nei secoli dei veri miracoli di artigianato e che esiste e opera ancora oggi.
Vista d'insieme |
Ideata da Cosimo I, la Cappella fu concretamente realizzata a partire dal 1604 sotto il suo successore Ferdinando I. Per l'esecuzione dei lavori fu incaricato l'architetto Matteo Nigetti che utilizzò i disegni di Don Giovanni de' Medici, fratello del Granduca, modificati dal Buontalenti. Si tratta di un ambiente imponente: la Cappella ha un diametro di 28 metri e il coronamento - a cupola - raggiunge l'altezza di 59 metri, rendendola la più maestosa in città dopo quella brunelleschiana di Santa Maria del Fiore.
Sebbene i lavori siano durati quasi ininterrottamente per un secolo e mezzo, non è stata terminata. Ciò nonostante quello che è stato fatto rende bene l'idea di ciò che si voleva: un monumento che eternasse la dinastia e che fosse insieme testimonianza e celebrazione della grandezza della famiglia, nella luce cupa di un secolo tragico di guerre e assolutismi - il Seicento - che faceva della teatralità la sua cifra dominante.
Pannello in commesso dall'altare |
Il secolo barocco vedeva nel mondo una grande rappresentazione in cui ciascuno recitava una parte: e anche la più terribile delle parti, quella della Morte, in tutte le sue incarnazioni - morte di una persona, di una famiglia o di una dinastia - doveva sottostare alle regole del teatro e dare monito ma anche meraviglia agli spettatori. Per questo la Cappella dei Principi era il gran teatro in cui andava in scena la rappresentazione più importante, quella che dalla morte portava il Principe - e la dinastia medicea - nell'eternità.
Dettaglio di un pannello |
In questa visione la realtà è una dimensione di apparenza dietro la quale si muovono i veri artefici della tragedia del mondo: un luogo crudele, dominato dalle forze del Male, cupo e ambiguo, a tratti misterioso, in cui le azioni dei personaggi si sviluppano per antitesi e parallelismi senza arrivare mai a una chiara sintesi. Una scena in cui l'immagine, il gesto, la magnificenza dei protagonisti divengono più importanti delle loro parole e persino della loro identità, portandoli a perdere la loro individualità per eternare sé stessi in una infinito gioco di specchi su un palcoscenico rivestito di pietre dure e marmi rari.