venerdì 30 agosto 2024

L'economia del Cornetto: quando la nostalgia fa sciogliere la logica

Ah, la nostalgia! Quel sentimento che trasforma magicamente ogni ricordo in oro colato e ogni gelato del passato in un'esperienza mistica irripetibile. Perché si sa, tutto era meglio "ai miei tempi", specialmente se quei tempi coincidevano con la nostra gioventù - quell'epoca in cui eravamo belli, aitanti e, apparentemente, in grado di comprare interi camion di Cornetti Algida con la paghetta settimanale.

Recentemente, mi sono imbattuto in uno di quei post sui social media che fanno venire voglia di piangere sul portafoglio. Sapete, quelli che ti fanno pensare: "Ecco perché non riesco a comprarmi una villa a Portofino!". Il tema? Una tabella dei prezzi dei gelati Algida degli anni '80. L'autore, evidentemente un economista mancato con una laurea in Nostalgia Applicata, sosteneva che questi numeri fossero la prova definitiva del imminente collasso economico italiano. Perché? Semplice! Oggi non possiamo più tappezzare casa di Cornetti come una volta.

Secondo questa brillante analisi, negli anni '80, con uno stipendio medio, avresti potuto costruire un castello di Cornetti alto fino alla stratosfera. Oggi? A malapena una casetta per il cane. Chiaramente, questo dimostra che siamo tutti destinati a finire sotto un ponte, consolandoci con i ricordi di quando potevamo permetterci di affogare nel gelato.

Ma aspettate! Prima di correre a convertire tutti i vostri risparmi in Cornetti, diamo un'occhiata più da vicino a questi numeri miracolosi.

Il nostro Nostradamus dei gelati parte da uno stipendio medio del 1984 (Fonte: Bankitalia) di poco più di un milione di lire al mese. Con quella cifra astronomica, avresti potuto acquistare ben 1.343 Cornetti a 800 lire l'uno. Oggi, con un misero stipendio di 1.543 Euro (Fonte: Forbes), puoi comprarne solo... 617. Oh, che tragedia! Che declino! Che... aspetta un attimo.

Come in ogni buona ricetta per un disastro statistico, il trucco sta nel mescolare ingredienti che non c'entrano nulla l'uno con l'altro. Il nostro amico ha confrontato il reddito lordo di lavoratori autonomi del 1984 con il reddito netto di un operaio del 2023. Praticamente, ha confrontato mele con astronavi.

Se vogliamo essere un minimo seri (ma chi vuole esserlo quando si parla di gelati?), dovremmo confrontare il RAL (Reddito Annuo Lordo) del settore privato del 2023, che si aggira tra i 30.000 e i 35.000 euro annui. Questo si traduce in circa 1.000-1.160 Cornetti al mese. Non proprio l'apocalisse gelata che ci era stata promessa, vero?

Ma aspettate, c'è di più! Il nostro economista del Cornetto ha commesso l'errore classico di basare un'intera teoria economica su un singolo prodotto. È come dire che l'economia va a gonfie vele perché oggi possiamo comprare più smartphone che nel 1985. Oh, aspetta... effettivamente è così! Il primo cellulare commerciale del 1985 costava l'equivalente di 6.000 euro di oggi. Ora, con 20 euro, puoi comprare un telefono che farebbe sembrare quello un fermacarte molto costoso.

Quindi, cosa abbiamo imparato oggi? Che la nostalgia è un filtro meraviglioso che rende tutto più dolce, proprio come il gelato. Che manipolare i numeri è facile quanto leccare un Calippo in piena estate. E che, forse, invece di preoccuparci di quanti Cornetti possiamo comprare, dovremmo chiederci perché siamo così ossessionati dal confrontare la nostra vita con un passato idealizzato attraverso il "prisma" di un gelato.

In conclusione, la prossima volta che vedete un post nostalgico sui social media che promette di rivelare la verità nascosta sull'economia attraverso il prezzo dei gelati, prendete un respiro profondo, mangiate un Cornetto (o 617, se potete permettervelo) e ricordate: l'unica cosa che si è davvero sciolta qui è la logica, non l'economia.


lunedì 19 agosto 2024

Redipuglia, 5 luglio 1939

Redipuglia, lettera "F"

Premessa

Nel giugno del 2024, di ritorno da Trieste, mi sono fermato a Redipuglia, il sacrario militare più grande d'Italia, dove riposano circa 150.000 caduti italiani della Prima Guerra Mondiale. Questo monumento imponente e angosciante, nato con l’intento di glorificare il sacrificio di chi cadde "per la Patria", mi ha colpito invece come un simbolo tangibile dell’assurdità della guerra.

Mentre camminavo tra le gradinate, il pensiero è andato al mio bisnonno Vincenzo, nato esattamente cent’anni prima di me, nel giugno del 1862. Anche lui, durante la guerra, aveva due figli maschi: Diego e Quirino, entrambi coscritti, ma fortunatamente sopravvissuti al cataclisma che fu il primo conflitto mondiale.

Uno di loro — mio nonno Diego — era un "ragazzo del '99". Aveva meno di 18 anni quando, nel giugno del 1917, venne chiamato alle armi. Dopo l’addestramento alla caserma di Rovezzano, fu inviato a combattere, a dicembre dello stesso anno, nelle trincee del Monte Grappa.

Diego avrebbe potuto facilmente finire lì, il suo nome inciso in bronzo tra tanti altri, sulle lastre di calcare del sacrario: un ragazzo con le sue aspirazioni e i suoi sogni cancellati da una pallottola, una scheggia di bomba, una baionetta o un soffio di gas velenoso. E mentre stavo in piedi davanti allo spazio dove sarebbe stato inciso il suo — il mio — cognome, mi sono reso conto di quanto poco sapessi di lui e della guerra che aveva combattuto. Nessuno in famiglia ricordava nulla, anche perché mio nonno era morto solo un anno dopo la mia nascita, nel 1963.

Questa sorta di rimozione, questa totale assenza di memoria familiare, mi ha colpito. Persino mia madre, che aveva vissuto con i nonni per diversi anni dopo il matrimonio, mi ha confermato di non aver mai saputo che Diego avesse partecipato alla guerra del 1915-18. In casa, quel periodo non era mai stato oggetto di discussione.

Mosso dalla curiosità, ho deciso di ricostruire la storia di mio nonno, utilizzando gli archivi civili e militari oggi disponibili online. Con mia grande sorpresa, sono riuscito a raccogliere molte informazioni, al punto da volerle trasformare in un racconto, che ora condivido con voi. Tutti i fatti, le date, i luoghi e la maggior parte dei personaggi e delle ambientazioni sono reali. Spero che apprezzerete questo viaggio nella storia della mia famiglia.

mercoledì 7 agosto 2024

Il re di Asine di Ghiorghios Seferis

Salendo al monte Kinthos, isola di Delos, 1991
Se penso a una singola lirica moderna che nella mia mente rappresenti l'essenza della Grecia, penso al Re di Asìne di Ghiorghios Seferis. Insieme ad Itaca di Konstantinos Kavafis, mi emoziona in modo incontenibile. Leggendola, mi trovo anch'io sotto il gran sole greco dell'estate, arrampicato insieme al poeta sulla rupe marina che ospita i pochi resti consumati dal tempo della città di Asìne, ed evoco insieme a lui, tra i pochi resti smozzicati di una grandezza scomparsa, le domande che in fondo tutti ci facciamo.

Cosa resterà di noi? Cosa resta davvero di tutto, al di là delle poche spoglie corrose dal tempo, delle statue, delle navi scomparse, attraccate in un porto ormai sparito? Forse un nome – incerto come quello di Asìne – che rimbomba nel vuoto che si apre dietro il "coperchio d'oro del nostro esistere" e che nasconde, come la maschera d'oro di Agamennone, la nostra vera essenza: un punto oscuro, sfuggente e indecifrabile come la traccia di un pesce nella bonaccia marina, l'ombra di un flutto nell'infinità del mare.

Musica: "O", Coldplay