Francesco Coppini in abito vescovile (sulla destra) dipinto nelle ante del Trittico della Resurrezione di Lazzaro di Nicolas Froment |
«Non sono quel mostro che tu mi credi. Sono un uomo in regola col mio tempo. Sono i tempi duri che fanno gli uomini spietati. [...] Dominare o subire: e nessuno, se può, sceglie la parte di chi subisce. Le leggi di chi domina sono implacabili, chi domina ne diventa schiavo e deve applicarle, senza debolezze, con logica ferrea. E così ho fatto anch'io. La logica era spietata ma non ce n'era un'altra... e se c'era non l'ho vista.»
(Sir Daniel Brackley, impersonato da Arnoldo Foà nella serie televisiva La Freccia Nera)
Chi come me è nato negli anni Sessanta quasi certamente ricorderà la serie televisiva (o sceneggiato, come si diceva allora) diretta da Anton Giulio Majano, che nel 1968 portò sul piccolo schermo La Freccia Nera, romanzo storico avventuroso scritto da Robert Luis Stevenson nel 1883.
L'intricata vicenda raccontata da Stevenson nel suo romanzo si svolge sullo sfondo della Guerra delle Due Rose, una guerra di successione dinastica che sconvolse l'Inghilterra per trent'anni dal 1455 al 1485, contrapponendo le due famiglie di York e di Lancaster, due rami della casata dei Plantageneti allora regnante.
La lotta per il predominio fu portata avanti senza esclusione di colpi e con continui rovesciamenti di fronte. Negli anni causò l'estinzione di gran parte delle famiglie nobili imparentate con i Plantageneti che rivendicavano la corona e si concluse con la vittoria di un lontano parente dei Lancaster, Enrico Tudor, che nella battaglia di Bosworth sconfisse Riccardo III York per poi cercare una pacificazione definitiva sposando nel 1486 Elisabetta di York.
In questo contesto storico così complicato si trovò a vivere la propria avventura il pratese Francesco Coppini, uno dei tanti personaggi della Storia che "poteva essere ma non è stato". Non sappiamo l'anno preciso della sua nascita: forse alla fine del Trecento, forse ai primi del Quattrocento Francesco nacque a Prato figlio di Guccio di Tommaso di Giusto.
Era il secondo di tre fratelli, e la famiglia era sufficientemente benestante da permettergli di studiare Legge fino a conseguire nel 1433 la qualifica di iuris utriusque doctor, che gli consentì di ottenere la carica di Camerlengo - una sorta di amministratore - dello Studio Fiorentino, l'università creata a Firenze nel 1320 con Decreto della Repubblica.
Francesco era un uomo ambizioso: a Firenze strinse amicizie nell'ambiente culturale umanistico, prendendo contatto con la corte dell'allora papa Eugenio IV e decidendo di accedere agli Ordini minori per poi entrare negli uffici di Curia. Qualche anno dopo - nel 1437 - era a Bologna per svolgere funzioni di ufficiale di Giustizia criminale. A Bologna sollecitò dall'amico Leon Battista Alberti la composizione di un opuscolo intitolato De iure, che questi gli dedicò il 30 settembre dello stesso anno.
Negli anni successivi la carriera di Francesco si svolse senza scosse e in continua ascesa: prese gli Ordini maggiori nel 1438 e fu pievano in diocesi di Fiesole, poi canonico in Cattedrale a Firenze nel 1445, Tesoriere Apostolico a Bologna nel 1450 e responsabile per la riscossione delle decime per la Crociata contro i Turchi bandita da Papa Callisto III nel 1455.
In quel periodo conobbe anche il Duca di Milano Francesco Sforza, con cui ebbe fin dall'inizio un legame di simpatia, e fu nominato nel 1458 vescovo di Terni, cosa che gli consentì di risiedere a Roma mentre nel vescovado era rappresentato da un vicario. In questi anni, attraverso diversi incarichi e con varie vicende riuscì a tessere una vasta rete di conoscenze, acquisendo una tale autorevolezza che fu scelto da papa Pio II Piccolomini per una importante missione presso la Corona inglese.
Stemma dei Coppini |
L'incarico ricevuto era delicato e di rilevanza internazionale: Francesco avrebbe dovuto farsi strumento di Papa Piccolomini per promuovere l'unità di tutti i prìncipi cristiani, in modo da creare le condizioni per finanziare la crociata che avrebbe dovuto liberare definitivamente i Luoghi Santi in Palestina dal dominio dell'Islam.
Quella di Papa Pio II era una visione grandiosa ma fuori dal tempo e proprio per questo con scarse speranze di essere realizzata. Ma se un'unità anche provvisoria fosse stata raggiunta, l'incarico avrebbe dato lustro e prestigio a chi l'avesse portato a termine, aprendogli la strada al cardinalato e forse anche al papato.
Probabilmente furono questi i pensieri del Coppini quando ricevette dal Papa le credenziali per la sua missione inglese: ma la sua ambizione lo portò a giocare una partita su più tavoli ancora più complicata e pericolosa di quella che gli era stata affidata.
Il Duca di Milano Francesco Sforza era da sempre in lotta per assicurarsi un dominio stabile su Milano e sulla Lombardia; conosceva il Coppini da diversi anni e vide nella sua missione a Londra un'opportunità per colpire la Corona francese che mirava ad espandersi in Italia reclamando la successione al regno di Napoli e in subordine il protettorato sul Ducato milanese.
Resurrezione di Lazzaro (dettaglio), Nicolas Froment |
L'intenzione dello Sforza era quella di favorire il partito di York in modo da indebolire la casa di Angiò: la Corona inglese aveva infatti ancora feudi in Normandia e Aquitania, e un re inglese che non fosse imparentato con la casa reale francese li avrebbe probabilmente rivendicati, distogliendo Carlo VII di Francia dalle sue mire su Napoli.
Francesco Sforza |
Va anche detto che con ogni probabilità anche lo stesso Papa Pio II non era più molto convinto dell'opportunità di mantenere sul trono inglese Enrico VI Lancaster: lo scarso entusiasmo verso la causa papale, insieme alla sua debolezza di carattere sfociata negli anni in aperta malattia mentale, lo rendeva un interlocutore inaffidabile, soggetto alle mutevoli influenze di coloro che gli stavano intorno.
Fu con queste premesse che Francesco Coppini si trovò a sbarcare a Dover il 4 giugno del 1459 con un incarico davvero complesso: convincere Enrico VI a fornire armi e denaro per la crociata e allo stesso tempo far pervenire il proprio appoggio alla fazione di York, con la speranza di agevolare un cambio di regime che consentisse a tutte le parti in causa - Papato, Ducato di Milano, lo stesso Coppini - di raccogliere i frutti di una manovra così spericolata.
Resurrezione di Lazzaro (dettaglio) Nicolas Froment |
Nel dicembre del 1459 Francesco Coppini ebbe da Pio II la nomina a nunzio pontificio con i pieni poteri di legato de latere (procedura, questa, del tutto eccezionale) nei regni d'Inghilterra e Irlanda e di Scozia. In pratica aveva la piena rappresentanza dell'autorità papale, con il compito di promuovere la pace e soprattutto di riscuotere le decime che sarebbero servite a finanziare la crociata bandita da Pio II.
Ciò nonostante gli inglesi continuarono a mostrarsi ben poco disponibili ad aprire i cordoni della borsa per la crociata di Pio II: malgrado che la Dieta di Mantova la bandisse ai primi del gennaio del 1460 con un'apposita Bolla, il documento restò lettera morta e il Coppini attraversò nuovamente la Manica a maggio, sdegnato, come narra lo stesso Pio II, per il poco rispetto di cui era fatto oggetto e per gli ostacoli che venivano posti all'esercizio dei suoi poteri.
A Calais lo attendeva John Neville conte di Warwick, il paladino della fazione di York, insieme con i partigiani più ragguardevoli del duca Riccardo. Francesco Coppini tornò sull'isola il 26 giugno insieme con l'armata di Warwick, e con i ribelli occupò Londra da dove il 3 luglio scrisse una lettera a Enrico VI per sollecitare nuovamente un incontro fra le due fazioni, protestando a più riprese la propria fedeltà alla Corona, caduta in sospetto ad opera di "detrattori contrari alla pace" e riproponendo la sua funzione di mediatore inviato dal papa.
Un ruolo che almeno inizialmente lo stesso sinodo inglese riconobbe, confermando la sua autorità di legato. Il Coppini stesso ne scriveva al papa il 4 luglio 1460, curando di mettere in rilievo il vasto appoggio popolare riscosso a Londra dagli York.
Resurrezione di Lazzaro (dettaglio) Nicolas Froment |
I mesi successivi furono vorticosi, con gli York che presero e persero il potere, e il Coppini che dall'Inghilterra passò alle Fiandre, cercando di tenere anche da Bruges le fila della situazione, e spingendo per avere sempre maggiori riconoscimenti dal Papa, che però da una prima approvazione del suo operato passò, nei mesi successivi, a mostrare nei suoi confronti una sempre maggior freddezza.
Edoardo IV York |
Di colpo Francesco Coppini ritrovò l'importanza e il ruolo di legato pontificio e di agente dello Sforza non più, come in precedenza, in un paese diviso e presso una sola fazione politica, ma presso una monarchia che, per quanto non del tutto consolidata, pure lo conosceva come amico, lo stimava e sollecitava il suo ritorno.
Sembrava dunque il trionfo della lunga e contrastante trama intessuta dal Coppini; ma quel trionfo segnò anche l'inizio del suo irreversibile declino presso la Curia romana. Più volte nei mesi e negli anni precedenti Francesco Coppini aveva cercato di utilizzare i risultati raggiunti per ottenere dal papa una nomina a cardinale o anche - attraverso i buoni uffici di Francesco Sforza - al seggio arcivescovile di Firenze. Ma Pio II nicchiava e pur sostanzialmente approvando i servizi e le iniziative del Coppini, evitava di esporsi pubblicamente in modo netto.
Dopo la battaglia di Towton e la vittoria degli York Francesco Coppini dovette prendere una decisione e giocò d'azzardo, puntando tutto sulla possibilità di fomentare un'invasione inglese dei feudi francesi ma presentandosi allo stesso tempo alla Corte di Francia come agente diplomatico papale in un ruolo solo apparentemente super partes.
In questa veste cercò di intervenire a nome del Papa per discutere con il nuovo re Luigi XII della situazione italiana, provocando l'inattesa richiesta del re di un cambio di politica da parte del Papato e del ducato di Milano che sconcertò e irritò Pio II perché sembrava dovuta a prima vista, più che a un immedesimarsi di Luigi nei suoi nuovi interessi di re di Francia, all'immischiarsi del Coppini in affari di Stato che non lo riguardavano, nell'estremo tentativo di procurarsi il cappello cardinalizio.
Luigi XII di Francia |
Francesco Coppini si rese conto di essere caduto in disgrazia e cercò per quanto possibile di raccogliere documentazioni, testimonianze e appoggi. Rallentò il rientro a Roma che avvenne solo verso la fine del 1461. E per qualche tempo confidò di essere sfuggito a un'inchiesta sul suo operato.
Ma verso la fine di maggio del 1462 Pio II con un ordine segreto lo fece arrestare e rinchiudere in Castel Sant'Angelo. Inutili le proteste dei cardinali e dei prelati di Curia -"fere omnes", ammette lo stesso papa - per il procedimento non ortodosso, inutili gli appelli dello stesso Francesco Sforza: Pio II era andato a Viterbo, lontano da Roma, e il tempo lavorava per lui.
I giudici del Papa perquisirono la casa del Coppini, esaminarono tutti i suoi documenti e registri contabili e gli strapparono infine una confessione in cui si dichiarava reo di aver levato il vessillo della Chiesa per una guerra civile, di aver scagliato l'anatema contro l'esercito regio inglese e di aver fatto mercato simoniaco di benefici, ordini sacri e indulgenze: a questo punto Pio II provvide alla cancellazione politica del suo operato con una bolla al popolo inglese, inviata il 30 agosto 1462.
Al suo ritorno a Roma, il 18 novembre, Pio II sottopose in segreto al Tribunale di Rota la confessione del vescovo e ottenerne una sentenza, con la quale stroncò decisamente le esitazioni e le obiezioni del Collegio cardinalizio. Il 14 febbraio 1463 Francesco Coppini fu deposto dall'episcopato, privato di ogni beneficio e i suoi beni vennero confiscati per essere venduti all'asta.
A quel punto chiese ed ottenne di entrare come monaco benedettino in San Paolo fuori le Mura a Roma, dove fece la sua professione il 21 marzo 1463, assumendo il nome di Ignazio e conservando il presbiterato. Qui non si rassegnò alla disgrazia e continuò a sperare, come risulta dalla corrispondenza di questo periodo, di risollevarsi.
Il Caso e la Fortuna, Dosso Dossi 1535 |
Lamentava l'ingiusta miseria in cui erano stati lasciati i suoi nipoti, protestava la venticinquennale fedeltà alla Chiesa; e chiedeva infine, in nome della giustizia non solo divina, ma anche umana, la reintegrazione nel grado e nella dignità. Morì però prima di pronunciarla, probabilmente a Roma, alla fine di settembre del 1464.
Della sua persona resta un bel ritratto dall'aspetto realistico, dipinto sulle ante di chiusura del Trittico della Resurrezione di Lazzaro di Nicolas Froment, acquistato da Lorenzo de' Medici all'asta dei beni confiscatigli da Pio II, e donato al convento di Bosco ai Frati nel Mugello, che lo ha conservato fino ai giorni nostri.
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