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L'entrata del recinto della grotta del Drago, invaso di vegetazione |
A breve distanza dal moderno ripetitore e dalle case di Poggio Castiglioni, nascosta in un folto boschetto di vegetazione primaverile che la rende scarsamente percepibile sebbene stia proprio accanto al sentiero 420 - quello che attraversa il crinale della nostra Calvana - , sta una delle cavità più singolari di questa catena carsica, la Grotta del Drago.
Cavità interessante non tanto per la sua profondità o estensione - in tutto circa 200 metri e nemmeno verticali - quanto per l'abisso vertiginoso di tempo in cui ci fa cadere una volta che abbiamo compreso quello a cui siamo dinanzi.
La troviamo sul lato di una piccola dolina, simile a quelle che si vedono sul monte Cantagrilli. Circondata, quasi avvolta, da un alto muro di pietre ben squadrate che crea intorno ad essa una sorta di anello protettivo, ma con un varco - una porta - che consente l'ingresso al visitatore.
Proprio da un lato di questo circolo e quasi al di sopra dell'ingresso della grotta sta una risorgiva fossile simile - ma più in grande - a quella del Masso della Volpe.
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L'antica sorgente, dall'aspetto simile a quello di una vulva femminile |
Una sorgente d'acqua dal flusso intermittente che alimentava millenni fa il bacino che copriva la quasi totalità del fondo di questo anello di pietra, creando una pozza lustrale dal fondale accuratamente impermeabilizzato con argilla, dotata di un emissario che andava a gettarsi in un lungo canale detto "acquidoccio" che attraversava la conca sottostante della Bucaccia.
L'aspetto di questa sorgente è quello di una vulva femminile: un simbolo di nascita e rinnovamento, con l'acqua che fluisce direttamente dall'utero della Madre Terra per fertilizzare il suolo.
Questa analogia è spesso usata per rappresentare la connessione tra la vita e la natura, in cui la donna con la sua fertilità viene vista in modo simile alla sorgente d'acqua. Entrambe rappresentano la Vita stessa, che nel tempo si trasforma continuamente in un flusso assimilabile a quello dell'acqua che scorre via dalla sorgente per alimentare la terra e gli uomini.
In questa visione l'esistenza è rappresentata come un ciclo continuo, in cui l'energia vitale fluisce costantemente; e la donna o la sorgente d'acqua - speciale perché nel suo aspetto richiama l'anatomia femminile e rappresenta un'epifania della Madre Terra - sono sacre proprio per la loro capacità di portare la vita.
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Il forte celtico di Cahergall in Irlanda |
Fatte le debite differenze di dimensioni se oggi potessimo vedere il luogo senza la vegetazione che lo ricopre scopriremmo di essere all'interno di un complesso somigliante a strutture sacre simili a quelle dell'Irlanda celtica, come ad esempio quella di Cahergall, e con analogie anche con i pozzi sacri della Sardegna in cui si celebrava il culto delle acque.
Ma quello che rende speciale la Grotta del Drago è il fatto che accanto alla sorgente sta l'ingresso alla cavità: l'abisso oscuro, il luogo che mette in comunicazione il sopra con il sotto, il confine tra il mondo superficiale e quello sotterraneo, dove sta l'oltretomba o il regno dei morti, un posto dove gli dèi e gli spiriti dei defunti potevano manifestarsi e comunicare con i mortali.
E proprio qui la Vita incontra la Morte nella sua rappresentazione più efficace: quella di un oscuro abisso in cui l'acqua generata da Madre Terra si va a gettare, trattenuta solo dall'opera del sacerdote, che raccoglie in una pozza l'acqua della sorgente strappandola all'abisso e inviandola alla Terra, che l'attende per esserne fertilizzata.
Un luogo frequentato da tempi immemorabili in cui si adoravano le divinità dell'acqua e del sottosuolo: questa era, millenni fa, la Grotta del Drago.
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L'ingresso della grotta sul fondo della dolina |
A testimonianza di questa lunga frequentazione nonché di questo culto restano anche reperti - frammenti di un'anfora e un anello in oro di epoca romana - ritrovati da Sergio Nannicini durante una ricognizione nella grotta fatta insieme agli studenti del liceo scientifico Copernico negli anni Settanta del secolo scorso e oggi al Museo Archeologico di Firenze.
Il toponimo attuale di questa cavità fu dato proprio allora da questi studenti, con riferimento al drago che stava nello stemma della loro scuola. Però mi piace pensare che il vero "Drago" sia proprio il Tempo, che tutto divora e tutto contiene, e porta con sé gli echi di queste persone tanto distanti dalla nostra esperienza, che per un attimo ritornano qui ad essere vicine, e vive, insieme a noi.
Dispiace solo che questo luogo così iconico sia lasciato oggi nella più totale incuria: si tratta di una parte affascinante del nostro territorio che meriterebbe di essere maggiormente conosciuta e tutelata, né più né meno del sottostante sito archeologico della Bucaccia.