domenica 18 aprile 2021

Il verde di Prato

L'orologio del Duomo di Prato
Tutti noi pratesi conosciamo bene il "marmo" verde di Figline. Estratto in passato dalle cave di Pian di Gello, si tratta in realtà di una serpentinite metamorfica che - diversamente dal marmo - non contiene affatto carbonati di calcio ma ossidi di silicio e magnesio in percentuali variabili.

La serpentinite nasce infatti da una trasformazione che avviene ai magmi del mantello terrestre quando arrivano al contatto con le rocce granitiche della crosta del nostro pianeta, ricche di gas e vapori acquei, che uniti alle pressioni fortissime di quelle profondità consentono la nascita di queste rocce in una sintesi nota come metamorfismo idrotermale.

Il serpentino così formatosi è diventato milioni di anni fa il fondale dell'Oceano Tetide per poi essere trasportato in superficie da quei rivolgimenti tettonici della crosta terrestre che hanno portato alla nascita delle montagne del nostro Appennino.

Non si tratta di una roccia vulcanica effusiva - niente eruzioni e niente vulcani quindi, sul Monteferrato - ma del risultato di una trasformazione delle rocce fluide dell'interno della Terra emerso a seguito della deriva dei continenti.

Il "marmo" verde pratese ha conosciuto il periodo di maggior splendore economico nei secoli tra l'XI e il XVI della nostra era, quando fu utilizzato per abbellire moltissime architetture religiose realizzate nello stile "romanico".

San Michele di Murato

Un elenco non esaustivo delle chiese realizzate col "verde di Prato" va dal nostro Duomo, da San Francesco e dalla Basilica delle Carceri per proseguire a Firenze col Duomo, il Battistero, la Badia Fiesolana, Santa Maria Novella e San Miniato al Monte, a Pistoia, Siena e Pisa col Duomo fino ad arrivare alla più incredibile delle chiese: quel San Michele di Murato in Corsica fatto costruire nel 1280 dai Pisani sulle alture del Nebbio che dominano il golfo di Santu Fiorenzu.

L'architettura di tutti questi edifici attinge al filone del romanico, ovvero a quella corrente architettonica che recupera monumentalità forme e strutture tipiche dell'architettura imperiale romana e bizantina per adattarle alle nuove esigenze medievali.

E appunto nell'architettura imperiale esisteva una tipologia decorativa - l'"opus sectile" - antesignana del "commesso" di pietre dure mediceo, che utilizzava lastre di pietra di diversi colori per realizzare decorazioni e rivestimenti che nobilitassero le pareti e i pavimenti dei saloni più importanti.

Porfido verde di Grecia

In quest'ambito uno dei colori più apprezzati per la decorazione dei palazzi imperiali di Roma e Costantinopoli era un marmo greco della Tessaglia e un porfido, sempre greco. Entrambi verdi, entrambi molto simili, seppure non uguali, al serpentino di Pian di Gello, entrambi denominati "verde antico".

Marmo verde di Tessaglia

Sicuramente fu per questo motivo che in età romanica il "verde di Prato" fu così apprezzato e conobbe tanta fortuna: perché rievocava, col suo colore smeraldino tendente al cupo la grandezza e la maestosità di un "antico" impero, quello Romano, scomparso da secoli ma ancora vivo nel ricordo di tutti.

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