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Il crinale di vetta della Pania della Croce |
Il gruppo delle Panie, se non la più alta di certo la più eminente montagna delle Alpi Apuane, è apparso peculiare sin dai tempi più antichi a tutte le popolazioni stanziate nel suo territorio, tant'è che l'oronimo attuale che dà il nome a questo insieme di montagne deriva dall'antica radice indoeuropea "pan" - ovvero "cima, vetta" - che fu utilizzata per la prima volta dalla popolazione dei Liguri Apuani che si insediarono in quest'area geografica circa quattromila anni fa e la dominarono per oltre nove secoli.
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Il lato sud della Pania o "Costa Pulita" |
Per la loro posizione dominante, l'eleganza delle forme e l'interesse paesaggistico, alpinistico e geologico le Panie rappresentano la Montagna toscana nella sua forma più emozionante. Contrapposte alla costa lineare della Versilia, si innalzano separate da profonde valli dal resto delle Apuane per strapiombare nel versante sud con una impressionante bastionata calcarea, rendendosi visibili nelle giornate limpide da tutta la Toscana Nord-Occidentale. Conseguente a questa visibilità è la panoramicità della sua cima, che in condizioni ottimali permette di ammirare un panorama che va dal Monviso alle montagne della Corsica e all'Amiata.
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Il versante nord, dove si trova l'altipiano della Vetricia |
Circa venti milioni di anni fa il movimento delle placche della crosta terrestre tra Europa e Africa ha compresso, piegato e innalzato queste rocce fino a trasformare quelli che erano fondali oceanici in affilati crinali di vette rocciose, erosi dalla pioggia e dagli eventi meteorici, tra i quali il più importante è stato certamente l'alternarsi periodico di periodi freddi e caldi, con formazione e scioglimento di coltri glaciali spesse anche centinaia di metri che nei periodi di maggiore freddo scendevano fino a valle dando al paesaggio un aspetto himalayano.
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L'altopiano della Vetricia e la Borra di Canala |
Proprio al di sotto della Pania della Croce e del Pizzo delle Saette ma separato dalle vette dal vallone della Borra di Canala, a una quota media di circa 1400 metri, sta l'altopiano della Vetricia, una straordinaria balconata di pietra profondamente corrosa dai fenomeni carsici che creano un paesaggio arido e sconvolto ma di notevole suggestione. La sua peculiarità è la presenza di numerose fessurazioni tettoniche che con l'erosione delle acque nei millenni hanno originato numerose cavità verticali: grotte "a pozzo" di varia dimensione, con la più ampia che le sopravanza tutte di gran lunga.
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L'Abisso Revel (foto E. Lotti) |
Proprio in fondo all'Abisso sopravvive, invisibile da più di 10.000 anni, in attesa della prossima era glaciale, l'ultimo relitto del grande ghiacciaio che copriva millenni fa la Vetricia: alcuni metri di ghiaccio fossile, rinnovato a ogni inverno attraverso le nevicate, al riparo dagli eccessivi calori dell'estate e dall'andirivieni delle temperature stagionali.
Perché il lato nord delle Panie, grazie alle numerose spaccature, consente spesso - pur senza arrivare alla protezione offerta dall'Abisso Revel - il mantenimento di neve e ghiaccio anche durante il periodo estivo. Questo fenomeno, ben conosciuto dagli abitanti di queste zone, portò nell'Ottocento alla nascita di un vero e proprio mestiere, quello degli Uomini della Neve.
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Il Passo degli Uomini della Neve |
In estate salivano alle neviere al crepuscolo, staccavano con l'ascia i blocchi di ghiaccio e li collocavano in grandi gerle di vimini rivestite di paglia e coperte di juta per isolare i blocchi dalla temperatura esterna, se le caricavano in spalla e si incamminavano per l'aspro sentiero che passa tra la Pania della Croce e l'Uomo Morto, per scendere ripidamente alla Foce di Valli e poi a Cardoso che raggiungevano al mattino. A quel punto il ghiaccio veniva trasferito su di un barroccio per essere portato ai clienti finali e magari per diventare gelato o granita nei caffè del litorale versiliese.
Per tornare all'argomento da cui siamo partiti, tanto era il transito di questi spalloni su e giù per i sentieri delle Panie che ne è restato traccia in un toponimo. Alla quota di 1660 metri tra la Pania della Croce e l'Uomo Morto sta oggi il Passo degli Uomini della Neve: un nome curioso e poetico che racchiude in sé tutto un mondo passato - un passato anche nostro - fatto di sacrifici e di fatica.
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