lunedì 24 maggio 2021

Un viaggio d'altri tempi: due giorni da Lucca a Pisa lungo la Via degli Acquedotti

Lungo l'acquedotto del Nottolini
In questi mesi di pandemia siamo stati costretti a limitare uscite e spostamenti e abbiamo forzatamente dovuto riscoprire i dintorni di casa nostra, e non di rado ci siamo trovati a dover riconsiderare le distanze che davvero ci separavano dalle mete che avremmo voluto raggiungere. 

Come in uno specchio deformante, una malattia diffusa a livello globale ad una velocità impensabile in epoche precedenti ci ha portato a toccare con mano quanto il mondo di oggi sia interconnesso, ma nello stesso tempo molti spazi - interpersonali ma anche geografici - si sono dilatati fino a ritornare a ciò che erano molti anni fa, prima dell'avvento dell'Era del Motore.

Una delle ville storiche di Vorno
Improvvisamente luoghi assai distanti - Cina, India, Corea, Giappone, Brasile, Stati Uniti, Nuova Zelanda - ci sono diventati familiari come il cortile di casa, una casa grande quanto il mondo, ma nello stesso tempo il confine delle nostre azioni si riduceva alle stanze della nostra abitazione
 o alle strade del nostro quartiere. 

Adesso molte di queste restrizioni stanno scomparendo e gli orizzonti sembra che tornino di nuovo ad allargarsi. Ciò nonostante vorrei suggerirvi di provare a mantenere ancora un poco questo ribaltamento di prospettive partendo per un viaggio di altri tempi con i mezzi di centocinquantanni fa. Usando le ferrovie, le strade tortuose delle campagne e i sentieri dei Monti Pisani per andare da Prato a Pisa attraverso la Via degli Acquedotti. 

È un tracciato apparentemente semplice e alla portata di tutti: sono circa 25 chilometri da percorrere in due giorni con poco più di seicento metri di dislivello, che usa il treno per andare da Prato a Lucca per poi attraversare a piedi i Monti Pisani fino a Pisa, dove si riprende il treno per il ritorno. 
La campagna presso Badia di Cantignano
Il tratto ferroviario da Prato a Lucca e poi a Pisa non è solo uno dei più antichi d'Italia ma anche la prima strada ferrata internazionale del mondo. Progettato nel 1844 a seguito di negoziati tra il Ducato di Lucca e il Granducato di Toscana fu realizzato a partire dal 1848, quindi interamente in epoca granducale, e fu familiarmente denominato "Ferrovia Maria Antonia" in onore di Maria Antonietta delle Due Sicilie, consorte dell'allora Granduca Leopoldo di Toscana. Chi vi viaggiava negli anni precedenti il 1860 doveva pertanto attraversare una dogana prima di arrivare alla stazione di Lucca, che per i pratesi del tempo era "all'estero" né più né meno che della stazione di Parigi.

E proprio nei pressi della monumentale stazione ferroviaria lucchese, inaugurata nel 1846 su progetto dell'architetto Giuseppe Pardini, sta il punto di partenza di questo viaggio. Che è - come spesso accade nei viaggi - anche un punto di arrivo, quello delle arcate del grande acquedotto progettato da Lorenzo Nottolini. Una infrastruttura necessaria all'approvvigionamento idrico della città di Lucca, che vagheggiata più volte fin dal Settecento, fu infine iniziata nel 1823 durante il ducato di Maria Luisa di Borbone, per essere completata un decennio dopo sotto il ducato di Carlo Ludovico al termine di lavori davvero imponenti per l'epoca.
Il tempietto di Guamo
Con una notevole operazione di terrazzamento e regimazione idrica, diciotto sorgenti di una valle secondaria dei Monti Pisani, la Serra Vespaiata, furono captate e convogliate insieme alle acque dei rii di San Quirico e della Valle in un grande serbatoio dall'architettura a tempio dorico dotato di filtri per togliere le impurità, ubicato a Guamo. Da lì partiva una struttura modellata esteriormente come un acquedotto di epoca romana: più di tre chilometri di lunghezza, 12 metri di altezza, 460 archi in mattoni e muratura che sostengono due diverse condotte per le acque: quelle di sorgente per gli usi potabili, quelle dei rii per alimentare le fontane pubbliche della città. Al termine delle arcate e a ridosso della stazione ferroviaria fu costruito un secondo tempio-serbatoio, quello di San Concordio, da dove l'acqua veniva portata in città attraverso condotte forzate in metallo dotate di 
un complesso sistema mobile per preservare i tubi di ferro dalla rottura dovuta alla dilatazione termica

Ed è da
San Concordio che ci si incammina. Lungo un sentiero che è anche uno stradello di campagna, proprio a fianco delle possenti arcate dell'acquedotto che tagliano dritte la fertile campagna lucchese con vedute inconsuete sulle piccole frazioni attraversate, in breve si raggiunge il Tempietto di Guamo e si continua risalendo la base delle colline tra Lucca e Pisa, con un panorama via via più ampio fino ad arrivare in un luogo dal nome curioso, che compendia il gran lavoro del Nottolini: le Parole d'Oro
Le Parole d'Oro
Le Parole d'Oro costituiscono l'origine dell'acquedotto: un'intera valle - la Serra Vespaiata - in cui le numerose sorgenti che alimentano il torrente che la percorre sono captate e convogliate da una serie di complesse strutture idrauliche in un singolo canale diretto al tempietto di Guamo. Per celebrare la positiva riuscita di quest'opera sul ponte che scavalca il torrente alla fine del vallone fu realizzata un'iscrizione latina - originariamente in ottone dorato a grandi lettere capitali - così concepita:
KAR.LVD.BORB.I.H.DUX.N.AUG.AQUIS.E.PLURIBUS FONTIUM ORIBUS.COLLIGENDIS.ET AD URBANOS PONTES LARGIUS PERDUCENDIS.MONUMENTO.AETERNO.PROVIDIT.DUCATUS.SUI.ANNO.VI  
(Carlo Ludovico Borbone duce uomo nobilissimo e augusto provvide nell’anno VI del suo ducato a raccogliere le acque da molteplici sorgenti e a portarle più largamente verso gli acquedotti cittadini con movimento eterno)

Questa iscrizione, incomprensibile per la quasi totalità degli abitanti all'epoca della costruzione dell'acquedotto, fu da loro semplificata con il toponimo che conosciamo ancora oggi e che identifica il luogo. 

Il ponte e il parco intorno alla Serra Vespaiata sono stati restaurati nel 2014: il sentiero che le attraversa sale seguendo la valle fino ad arrivare alla strada in corrispondenza di un valico a poco più di 200 metri di quota, nei pressi di un piccolo Osservatorio Astronomico, quello di Vorno, situato sul poggio della Gallonzora. Da lì si discende fino ad arrivare a una delle più affascinanti frazioni del comune di Capannori, Vorno.

Vorno, Pieve di San Pietro (foto da Wikimedia Commons) 
Più che un paese, un agglomerato di abitazioni e ville sparse in una bella conca attraversata da un rio, il rio di Vorno, e con una pieve, quella di San Pietro, oggi decisamente sovradimensionata rispetto all'effettiva densità dei fedeli. Vorno, come altre frazioni del circondario, è stata per secoli una meta delle villeggiature delle famiglie nobili lucchesi, apprezzata per la natura rigogliosa e il clima mite. Si presta molto bene a fare da punto di arrivo della prima giornata di viaggio lungo la Via degli Acquedotti, anche perché ha diversi B§B e ottimi ristori dove il viandante affamato e stanco può fermarsi.
Antico mulino lungo il Rio Maestro di Vorno 
Dopo la sosta a Vorno la Via riparte risalendo il rio Maestro di Vorno all'inizio per carrozzabile, poi per sterrato e infine per sentiero fino a raggiungere uno dei valichi più importanti dei Monti Pisani, quello di Campo di Croce, a 612 metri di quota, contraddistinto da un incredibile bosco naturale di cedri del Libano, esistente da secoli sul valico. Al passo si incrociano numerosissimi sentieri: la Via degli Acquedotti piega scendendo sulla destra del valico e attraversando alcune formazioni tipiche dei monti Pisani, i così detti "Maoni".
Un "maone" lungo la Via degli Acquedotti (foto M. Tongiorgi) 
Malgrado l'altezza contenuta, i monti Pisani conservano nei maoni tracce importanti delle ultime ere glaciali. Queste sassaie sono state infatti originate da un fenomeno detto crioclastismo, ovvero il processo di disgregazione meccanica della pietra causato dalla pressione provocata dall'aumento di volume dell'acqua contenuta entro le fessure rocciose quando questa congela. Questo fenomeno crea detriti ghiaiosi dagli spigoli vivi, affini ai ghiaioni presenti al di sotto delle vette delle cime alpine: ricordi di periodi in cui il clima della nostra Toscana era simile a quello attuale dell'Islanda.

Dopo aver superato una "foce" - quella di Penecchio - più bassa del Campo di Croce di un centinaio di metri il sentiero raggiunge la prominenza denominata "Scarpa d'Orlando" contraddistinta dalla prima delle sorgenti che dànno il nome alla Valle delle Fonti, ovvero il luogo da cui ha origine l'Acquedotto Mediceo Pisano, più vecchio di quello del Nottolini di oltre duecento anni. 

Gli archi dell'Acquedotto Mediceo 
Voluto dal Gran Duca Ferdinando I fu inizialmente realizzato negli ultimi anni del Cinquecento ed aggiornato varie volte attraverso i secoli, fino a una sistemazione idraulica effettuata alla fine dell'Ottocento con la costruzione di numerose "prese" d'acqua convogliate a un serbatoio centrale che lo rese simile a quello lucchese. La lunghezza dell'acquedotto è doppia (6 km) rispetto a quello del Nottolini, e anche il numero degli archi supera i novecento.
Il Cisternone dell'Acquedotto Mediceo (Foto da Wikimedia Commons) 
Il sentiero percorre tutta la valle scendendo ripidamente fino a raggiungere il così detto "Cisternone", luogo di raccolta e filtraggio delle acque raccolte nella valle, con un serbatoio di oltre 360 metri cubi di capienza che garantiva un'autonomia al sistema idraulico di 6/8 ore. 

Da lì parte un tratto di galleria sotterranea che porta l’acqua fino all’ultima struttura di fondovalle della rete delle prese, in cui avviene lo scambio fra due condotte differenti: da una sotterranea a forte pendenza si passava ad una sopraelevata su archi a minima pendenza che conduceva l’acqua sino a Pisa. A due passi dall'inizio delle arcate verso Pisa troviamo il piccolo paese di Asciano Pisano, dove è possibile rifocillarsi e sostare prima dell'ultimo tratto del percorso.
Il percorso della Via degli Acquedotti
La lunga sequenza delle arcate dell'acquedotto, affiancate da uno stradello a fondo naturale che percorriamo, raggiungono da Asciano le mura di Pisa in corrispondenza di piazza delle Gondole. Qui è presente una cisterna da dove l'acqua veniva nuovamente incanalata in condutture sotterranee per alimentare le varie fontane presenti in città, tra le quali la fontana dei Putti in Piazza dei Miracoli e la fontana sotto la Statua di Cosimo I in Piazza dei Cavalieri.
Piazza dei Miracoli
E dopo due giornate intense è proprio tra le bellezze di Pisa che finisce questo itinerario che ci ha portato in giro per centinaia d'anni di storia umana e migliaia di anni di quella naturale, tra acquedotti chiese case e ville, monti valichi e boschi, torrenti, fonti e pietraie glaciali, con la cadenza lenta e tenace dei passi del viandante. Ben diversa da quella del motore, si avvicina al ritmo che più vorremmo sentire nei nostri viaggi: quello del cuore.

Chi è interessato a scaricare il tracciato del percorso può farlo direttamente da qui oppure attraverso Wikiloc. Buon viaggio!

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