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Fioritura di narcisi sotto alla vetta del monte Croce |
Mi è tornata in mente questa storia stamattina, camminando lungo il sentiero 109 che dall'Albergo Rifugio Alto Matanna conduce alla vetta del Monte Croce, poco più di 1300 metri. Davanti a me si apriva il profilo delle Panie, ma erano i miei passi a essere immersi in un’altra meraviglia: un'immensa fioritura di narcisi e asfodeli che ammantava prati e pendii. Un tripudio bianco e verde che sembrava una benedizione. E lì, nel silenzio profumato del mattino, ho capito che anche quella bellezza, così pura e apparente, raccontava una storia più complessa.
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Panorama da sotto la vetta del monte Croce |
A ogni passo, lungo il crinale, si incontrano le tracce di quel mondo perduto: mulattiere, muretti, terrazzamenti, ruderi di case in pietra, carbonaie ormai avvolte nel muschio. Non era wilderness. Era civiltà.
E allora quel che vediamo oggi – e che tendiamo a mitizzare come un ritorno all’eden – è in realtà un tempo sospeso. L’uomo ha sempre avuto la tendenza a mitizzare il passato e la natura, a evocare un’età dell’oro in cui tutto era armonia. Ma quella nostalgia rischia di essere un alibi.
Forse il punto non è tornare indietro, ma imparare a guardare avanti con consapevolezza. Con la stessa cura con cui i nostri nonni sistemavano un muro a secco, o tracciavano un sentiero tra le rocce. Perché anche il futuro – come le vette di Hyperion – dipenderà da dove e come decideremo di abitare.
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