domenica 1 gennaio 2017

Il monumento ad Anna Maria Testard nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze

Il monumento funebre di Anna Maria Testard
Il viaggiatore che si trova a visitare Santa Maria Novella a Firenze resta certamente colpito dalla quantità e dalla qualità delle opere d'arte accumulatesi in questo luogo attraverso i secoli. L'antico convento fondato nel 1219 dai padri Domenicani sull'area della chiesa di Santa Maria delle Vigne è infatti un vero scrigno pieno di tesori artistici. Ovunque si posi lo sguardo ammira opere che hanno fatto la storia, al punto che sembra impossibile che tanta bellezza si sia potuta concentrare in uno spazio così contenuto.

Proprio per questo, monumenti che altrove avrebbero ricevuto maggiore attenzione qui restano in secondo piano, comprimari in un mondo di primedonne. E' il caso della coppia di sepolcri di Ippolito Venturi e della moglie Anna Maria Testard, opere neoclassiche collocate all'inizio della navata destra della chiesa. Decorosi ma di certo non importanti, al punto che si resta colpiti proprio dalla loro mediocrità. Viene da chiedersi come mai siano ancora qui, visto che tra l'altro la chiesa - utilizzata per secoli come luogo privilegiato di sepoltura - vide spostare altrove la maggior parte delle lapidi durante i restauri in chiave neogotica eseguiti dall'architetto Enrico Romoli negli anni intorno al 1860. Al termine dei lavori furono lasciate poche e selezionate sepolture di personaggi a vario titolo famosi.

Ma chi è stato Ippolito Venturi? Vissuto tra il 1752 e il 1817 fu l'ultimo erede di una facoltosa famiglia di proprietari terrieri originaria di Poggibonsi, nobile del patriziato fiorentino e membro del cosiddetto Senato dei Quarantotto, massimo organo deliberativo toscano e resto "fossile" dell'antica Repubblica fiorentina, abolito definitivamente solo nel 1808 durante la dominazione francese. Nei suoi possedimenti sparsi in varie parti della Toscana promosse l’estrazione dell’olio dalla sansa di oliva e dai semi di lino, fece costruire fabbriche di laterizi e vasellami e in generale cercò di migliorare i rendimenti delle numerose tenute che possedeva. In sostanza fu un personaggio importante sia dal punto di vista economico che da quello politico della Toscana del periodo della Rivoluzione Francese. Quasi certamente anche un finanziatore del complesso ecclesiastico di Santa Maria Novella, visto che risiedeva a pochi passi, nel palazzo di famiglia in via de' Banchi 2. E da qui si può immaginare anche per quale motivo i monumenti funebri siano ancora al loro posto e non altrove.

In linea con lo spirito dell'epoca, dell'illuminismo dovette assorbire i principi durante i suoi numerosi viaggi in Francia. Da uno di questi riportò a Firenze Anne Marie Testard, donna di indiscutibili qualità visto che riuscì a farsi sposare anche se era di estrazione borghese e di mezzi assai più limitati, più vecchia di lui di ben nove anni, vedova di certo Pierre Colon e con una figlia di primo letto - Carolina - che fece adottare ufficialmente nel 1792. Di fatto Carolina Colon diventò l'unica erede del facoltoso Venturi, che non ebbe altri figli legittimi e che la sistemò dandola in moglie nel 1801 al trentanovenne marchese Paolo Garzoni di Lucca, rampollo di un'antica e ricca famiglia della nobiltà lucchese. Soldi ai soldi, nobiltà a nobiltà.

Marie Anne Testard fu una donna che ebbe successo nella sua scalata sociale. Si sa che amava la vita mondana (restano famose le feste date in Palazzo Venturi in via dei Banchi durante l'occupazione francese), e resta come curiosa testimonianza anche un libro di sonetti a lei dedicato da un anonimo e pubblicato a Firenze nel 1777 in cui vengono illustrati i "pregi singolari" della sua persona.


Il volume di sonetti di A.C.P.A.

In conclusione possiamo dire che meritava sicuramente un monumento se non altro per la sua determinazione, e il marito non mancò di farglielo realizzare dallo scultore Stefano Ricci, autore anche del cenotafio di Dante in Santa CroceMorì infatti quindici anni prima di lui, un anno dopo il matrimonio della figlia, il 9 dicembre 1802. Aveva 59 anni. La scultura che sovrasta il monumento la mostra nel momento del risveglio dal sonno eterno: la lapide che illustra il sepolcro è un capolavoro di elogio funebre condensato in poche righe.

L'epigrafe
Non so chi sia stato l'estensore di questa epigrafe, ma leggendola ho provato una sorta di muta ammirazione per chi l'ha scritta. Un iperbolico concentrato di virtù da far impallidire anche una Santa, teso a esaltare a tal punto ogni sfaccettatura della personalità della defunta al punto da risultare quasi comico.

In un crescendo rossiniano si dipanano le doti di questa donna memorabile: modello di religiosità, morigerata per sé e prodiga con gli altri, consolatrice degli sfortunati  e dei perseguitati, esempio di civiche virtù, "delizia consiglio gaudio sollievo" del marito, educatrice perfetta, acculturata "oltre l'uso", bella e leggiadra al punto di essere un "modello", priva di qualsivoglia invidia, usa a perdonare i nemici... Alla fine anche l'ignoto epigrafista è costretto ad aggiungere -  come excusatio non petita -  che "nella lapide (sta) la verità". 

Chissà se la defunta avrebbe apprezzato questo sfoggio. O se - forse - avrebbe preferito un riconoscimento più sommesso e più veritiero.