lunedì 13 gennaio 2020

I piedi dell'imperatore

Giustiniano e il suo seguito, San Vitale, Ravenna
A Ravenna, nella basilica di San Vitale esiste un ciclo di mosaici unico al mondo che ancora oggi, quasi millecinquecento anni dopo la loro realizzazione, lascia noi moderni a bocca aperta per la loro bellezza, testimonianza della maestria degli artigiani bizantini continuatori della grande tradizione romana.

Realizzati originariamente per un fine politico e religioso (l'esaltazione di Giustiniano nella lotta contro l'eresia ariana) che oggi sfugge alla comprensione dei più, restano ancora come una straordinaria finestra su di un mondo di quasi millecinquecento anni or sono.

Da fotografo, cercando scorci da ritrarre dentro questa chiesa straordinaria, non ho saputo resistere alla tentazione di portare a casa un'immagine di uno dei due pannelli di mosaico più noti della tradizione bizantina: quello che ritrae Giustiniano con i suoi dignitari che inaugurano - in effigie, perché l'imperatore non è mai stato qui - questa basilica, nel 547 dopo Cristo. Millequattrocentosettantatre anni fa.

Elaborando l'immagine al pc sono stato colpito dalla sua atemporalità e al tempo stesso dal realismo di alcuni volti: quello di Giustiniano, che pare fu realizzato a Costantinopoli e portato via mare già pronto per essere inserito nel mosaico, e quello del vescovo Massimiano, committente dell'opera e in quel momento a capo della chiesa ravennate. Anche i volti dei dignitari che lo circondano (i generali Belisario e Narsete, il giovane Anastasio, nipote dell'imperatrice Teodora) sono astratti nell'espressione ma allo stesso tempo realistici, come se fossero stati fermati per l'eternità.

L'imperatore procede verso il Cristo rappresentato nel catino dell'abside portando con sé il pane eucaristico entro una sorta di vaso d'oro. E nel procedere - rappresentato con la mancanza di prospettiva tipica delle scene della pittura bizantina che dispone frontalmente quella che in effetti è una processione - chi ha maggior potere calpesta i piedi di chi gli è sottoposto, tanto per far capire anche in effigie chi è che comanda.

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