domenica 11 febbraio 2018

Cent'anni fa alla fonte della Rimpolla in Giolica di Prato

La Rimpolla, febbraio 2018
L'aveva notata, Diego, quel giorno di dicembre 1918, mentre portava lo stendardo in processione da Sant'Anna alla chiesa dei Cappuccini per la festa dell'Assunta. Minuta, i capelli lunghi e scuri raccolti in una crocchia, gli occhi grigi come un ghiaccio sottile e brillante, non era esattamente una bellezza ma aveva un'aria determinata che gli piaceva.

Anche Umberta lo aveva visto: un balenio nei suoi occhi gli aveva fatto capire che lei si era accorta di lui. E d'altronde era difficile non notare Diego. Appena tornato dalla guerra, ragazzo del '99 ferito al braccio destro - i crucchi lo avevano centrato durante un'assalto alle trincee del Piave - aveva un'aria da uomo esperto che sapeva quello che voleva e suggeriva sicurezza.

Scoprì che entrambi stavano a poca distanza l'uno dall'altro, lungo le pendici di quel Poggio Secco propaggine ultima della Calvana, un balcone sulla piana e la città di Prato. Lei figlia di un mediatore di bestiame, seconda di cinque tra fratelli e sorelle, lui orfano di padre, primo e maggiore di quattro figli con la madre - Rosa - che si arrabattava per dare a tutti un avvenire onesto.

E proprio per quel primo sguardo e per tener fede alla sua posa, quando poco tempo dopo Diego se la trovò davanti mentre prendeva l'acqua alla fonte della Rimpolla ebbe il coraggio di salutarla. Con toni formali come si usava allora, anche tra ragazzi o poco più: Umberta infatti aveva quasi 15 anni e Diego 19.

Parlarono del più e del meno: lei del lavoro che faceva in casa aiutando il padre e la madre che curavano terreni e bestiame di altri, lui delle sue future prospettive di lavoro e di vita. Da reduce aveva infatti avuto la possibilità di essere assunto nelle Ferrovie come magazziniere ed era stato destinato alla stazione di Viareggio.

Viareggio. Umberta era andata a scuola, aveva preso la licenza elementare, e sapeva che stava sul mare che lei non aveva mai visto. Un posto da signori che andavano lì a fare i bagni, pieno di donne sicuramente più belle e affascinanti di lei. Non sapeva perché, ma questa prospettiva la rattristò. Pensò che forse sarebbe stato meglio non pensare più di tanto a quel ragazzo così gentile che chissà se avrebbe mai rivisto.

Passarono alcuni mesi. Un mattino della tarda primavera del 1919 il postino che si fermava sempre dai signori della Villa Magnolfi scese fino a casa Ricasoli. "Ho una lettera per voi, signora Ebe" disse. "E per chi sarebbe?" rispose l'interessata, presa alla sprovvista e anche un po' preoccupata per l'evento inaspettato. "Per sua figlia" riferì il postino, soggiungendo con un sorriso "sopra c'è scritto "per Umbertina Ricasoli". "E da dove viene questa lettera?" si informò Ebe. "Da Viareggio", rispose il postino.
Umberta (a sinistra) con la sua famiglia e Diego (a destra, seduto col fiasco) a Poggio Castiglioni per l'Ascensione del 1929 (foto ricolorata da me)
Umberta Ricasoli e Diego Faldi si sposarono l'8 dicembre 1924 nella chiesa dei Cappuccini, d'inverno, nel periodo del riposo dal lavoro dei campi. Si amarono e si rispettarono, il loro fu un matrimonio felice in un momento storico complicato. Fecero due figli, ebbero dei nipoti, vissero la loro vita. E mi piace pensare oggi, cent'anni dopo da quella prima volta, che sono in qualche modo ancora qui, accanto a me, a sorridersi davanti a questa fonte.