sabato 2 novembre 2013

Il chiostro dell'Abbazia della SS Trinità e di Santa Mustiola a Torri (Sovicille)


Nell’antico borgo fortificato di Torri, un’appartata frazione di Sovicille a una ventina di chilometri da Siena, si cela un vero gioiello dell’arte romanica toscana: il chiostro romanico della soppressa Abbazia della Santissima Trinità e di Santa Mustiola. Perfettamente conservato, si trova all’interno di un complesso adattato nei secoli a dimora signorile, che rimane a tutt’oggi una proprietà privata e come tale si può visitare solamente due mattine alla settimana, al lunedì e al venerdì dalle 9 alle 12, o in altri giorni e orari contattando la Pro Loco di Sovicille (cliccare per accedere al sito).

Il monastero fu fondato dai monaci Vallombrosani nel 1189 sul sito della lungamente preesistente Badia di Torri. Seppure soggetto all’Abbazia di Coltibuono, aveva giurisdizione su molte chiese e “popoli” del circondario; ciò dette a questo cenobio una certa agiatezza economica che rese possibile l’edificazione del chiostro e della chiesa adiacente a partire dalla fine del Duecento, epoca al quale appartengono le snelle colonnine di travertino dai capitelli scolpiti. Nei due secoli successivi furono edificati i due livelli superiori, prima in laterizio e infine in legno, che ancora testimoniano la vitalità di questo centro di cultura monastica che ebbe un abate residente fino alla fine del Quattrocento. In quell’epoca l’abbazia diventò “commendataria”, ovvero tributaria di quella di Siena che ne percepì i redditi per i tre secoli successivi, fino alle riforme settecentesche dei Lorena che ne decretarono la soppressione e ne videro la successiva trasformazione in residenza signorile.

Adiacente al chiostro si trova ancora la vasta cantina di quella che nei secoli era diventata una villa-fattoria, attualmente in disuso ma con interni di grande suggestione. Proprio accanto all’ingresso principale si apre la piccola piazzetta dell’Arcivescovado con la Pieve di Santa Mustiola, in parte contemporanea al chiostro, con all'interno una bella Madonna con Bambino del Trecento. Tutto il paese reca traccia delle fortificazioni che nei secoli vennero edificate per cercare di proteggersi dalle depredazioni dei soldati nemici, che più volte ebbero a passare in questi luoghi.

sabato 5 ottobre 2013

La Madonna dei Papalini nel convento di San Vincenzo a Prato

La Cappella della Madonna dei Papalini
Il 5 ottobre del 2013, in occasione della X giornata nazionale degli Amici dei Musei, è stata aperta al pubblico, dopo un restauro finanziato dagli Amici dei Musei di Prato, dalla Confartigianato e dalla Fondazione della Cassa di Risparmio e realizzato da Daniele Piacenti con gli operatori del suo laboratorio la Cappella della Madonna dei Papalini, che ospita, oltre a diversi dipinti di valore e al primo sepolcro di Santa Caterina de' Ricci, una venerata statua della Vergine in terracotta dipinta di origine quattrocentesca, rimaneggiata nei secoli (in origine si trattava di un busto, la parte inferiore della statua è novecentesca) e ordinariamente rivestita con un abito settecentesco.
La basilica di San Vincenzo e Santa Caterina de' Ricci
Più che per il valore artistico, la memoria di questo luogo è legata al sacco di Prato che avvenne il 29 agosto del 1512 ad opera delle truppe spagnole guidate da don Raimondo di Cardona viceré di Napoli e da Giovanni dei Medici, il futuro Leone X, nel tentativo di restituire ai Medici il dominio di Firenze, e che causò circa 6000 vittime tra la popolazione pratese. L’episodio che ha determinato la genesi della Cappella stessa è rappresentato dal miracolo compiuto allora dalla Madonna in terracotta policroma: fu lei ad impedire a tre capitani spagnoli, Giovanni, Vincenzio e Spinoso, di penetrare il monastero e saccheggiarlo. Tale miracolo risparmiò il monastero mentre la città veniva messa a ferro e fuoco dalle truppe spagnole alleate del Papa, i cosiddetti “papalini”.

L'altare con la tomba di Santa Caterina de' Ricci
L'episodio viene raccontato da Claudio Cerretelli, direttore dei Musei diocesani di Prato, citando le fonti originali e in particolare la cronaca di un frate domenicano, padre Serafino Razzi, che descrisse minutamente l'avvenimento:

Alla fine del Cinquecento fra Serafino Razzi, descrivendo anche in base alle testimonianze da lui raccolte gli orrori del Sacco di Prato, ricorda che i mercenari non ebbero riguardo «né a cose sacre né a persone, anzi profanarono quegl’empi i sacri tempij e le chiese […] et entrando in alcuni monasteri stuprarono più sacre vergini»; ma, continua il Razzi, «non mancò la divina bontà e providenza di soccorrere ad alcuni luoghi pij e religiosi, salvandogli miracolosamente dal flagello che fu a gl’altri commune» 
Il domenicano racconta che, quando la città fu assediata dai mercenari, «la maggior parte delle fanciulle della Terra si riffugirono ne i sacri monasterij; et in San Vincenzio, oltre alle quaranta in quarantacinque suore che all’hora erano, gran numero di verginelle secolari si ritrovarono: onde, levatosi il romore de i soldati, i quali erano entrati nella Terra, tutte le monache con le predette fanciulle corsero in chiesa all’orazioni. Et ecco che tre capitani spagnuoli arrivarono alla porta del monastero (la quale era stata chiusa)e ributtandone il fattore che la guardava, entrarono dentro minacciosi e fieri, e con animo – come poi dissero – di mandar’ ogni cosa a sacco et in direzzione». Per dirigersi alla chiesa giunsero «dove in testa di certo andito era una venerabile imagine di Nostra Donna, di rillievo, col suo Giesù piccolino davanti, la quale serviva all’hora per presepio. Et inginocchiati tutti e tre davanti a lei, e dopo alquanto rittisi in piedi, furono veduti pigliarsi per mano, quasi dandosi la fede l’un l’altro». 
L'apertura della cappella verso il parlatorio, un tempo chiesa dei "secolari"
Raggiunta la chiesa, dove le suore erano ormai preparate al martirio, i soldati chiamarono la priora, «che in quel tempo era suor Raffaella da Faenza, religiosa di molto valore e bontà, le dissero che stesse con tutte l’altre di buona voglia et animo, peroché non volevano far loro alcuno oltraggio o villania», mentre invece avrebbero protetto le suore e il monastero «da ogni ingiuria e danno». Messe le loro insegne alla porta di ingresso, e fattisi portare dei letti per dormire, per le tre settimane del saccheggio presidiarono il convento, pretendendo solo «le robe portatevi da’ secolari in custodia». I tre capitani, Giovanni, Vincenzo e Spinoso, partirono infine alla volta di Bologna, insieme alle truppe, accompagnati dalle preghiere riconoscenti delle suore. 
Le ragioni di un comportamento così particolare, come racconta il Razzi, divennero chiare solo molti anni più tardi: nel 1542 un frate domenicano giunto a Prato insieme al Maestro generale dell’Ordine, Alberto Las Casas (Casaus), narrò alle suore di aver ascoltato in un convento spagnolo un anziano frate, «che, avvicinandosi a morte, stava con tanta fidanza e sicurtà del paradiso e della gloria celeste, che recava stupore a gli astanti, i quali sapevano come molti anni detto padre era stato apostata e fuori della religione, e si era ritrovato in molte guerre capitano di nominanza. Onde essendo addimandato della causa di tanta sua sicurezza e letizia, raccontò come essendosi trovato l’anno 1512 capitano di fanteria nell’esercito spagnuolo che saccheggiò la terra di Prato in Toscana», era entrato con altri due compagni, Vincenzo e Spinoso, nel monastero di San Vincenzo, «con animo di amazzare, rubare e di fare ogn’altro male, ma che poscia, arrivando davanti a certa divota Vergine, ella favellò loro e gli comandò che riguardassero detto monastero e che, ciò facendo, prometteva loro al sicuro il paradiso. E perché – diceva egli, che fu quel terzo capitano Giovanni – noi lo salvammo nell’honore, nella roba appartenente a lui et in ogni altro affare, per grazia di Dio e di essa gloriosa Vergine ritornai poco tempo dopo alla santa religione». 
Il Razzi, padre confessore del monastero, conclude che questa notizia confermava quanto riportavano i ricordi del monastero, e che «in memoria di tale beneficio, ciascun’anno in questa benedetta casa di San Vincenzio, il giorno di san Giovanni dicollato (che fu il giorno in cui entrarono gli Spagnuoli predetti in Prato, costumano le suore di confessarsi e communicarsi e di cantare appresso una solenne messa della Vergine, e poscia, la sera, fare una solennissima processione, portando la prefata immagine della Madonna, con lumi e con canti, per tutti i principali luoghi del monastero»
Il coro delle monache di clausura

venerdì 20 settembre 2013

Murales a New York lungo la High Line

Passeggiando lungo la High Line, un parco urbano realizzato sulla sede di una vecchia ferrovia sopraelevata degli anni Trenta del Novecento, la West Side Line, si colgono diversi scorci inconsueti e talvolta affascinanti del paesaggio urbano di Manhattan.

Qui si vede una rivisitazione in chiave spray-art del famoso bacio tra il marinaio e l'infermiera scattato a Times Square da Alfred Eisenstaedt nel 1945 e diventato il simbolo della fine della Seconda Guerra Mondiale.

venerdì 6 settembre 2013

New York, 9/11 Memorial, con una poesia di Giuseppe Ungaretti

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

E' il mio cuore
il paese più straziato

Giuseppe Ungaretti

sabato 31 agosto 2013

Architetture a New York, una foto e una poesia di Caterina Davinio

New York

A queste ore oblique
i raggi sono lance tra i grattaceli
si specchiano sulle superfici traballanti degli autobus
fanno irreali apparizioni sulle facciate dei palazzi
sui mattoni rossi di Harlem
accendono le scalette antincendio

posano sulle aiuole, ciuffi d’erba
temeraria tra le pietre rilucenti
marmoree torri di vetro
e il cielo d’oro si affaccia sulle
graticole riflettenti di milioni
di finestre
con tutto il mio languore
malato, spossato
da desideri erranti

porto un cappello a sonagli
aspetto un pusher dagli occhi a mandorla
non mi conosce e non si fida
mentre l’ultimo sole ci acceca

l’ultima luce radente del giorno
mi ammala
prima della sera
e cerco riparo nell’irreparabile
come un figlio di dio
un figlio di mia madre
dietro questi angoli
di specchi recisi
di strade potenti
universi troncati ai crocevia 
oneway…
e passi frettolosi
di chi va a casa
portando sulle spalle
il peso indicibile
di essere
un uomo.


Caterina Davinio

Musica: "PAVEMENT CRACKS" di Annie Lennox
Nella foto uno scorcio di grattacieli dall'Empire State Building


sabato 1 giugno 2013

Limiti - Jorge Luis Borges

Calenzano, piazza del Castello
Quando pensiamo alla nostra esistenza di solito non pensiamo mai al fatto - banale, semplice, essenziale - che ci sono delle cose che noi non faremo mai, frasi che mai pronunceremo, posti che non vedremo, porte che mai apriremo, specchi che non inquadreranno mai la nostra figura.

E nemmeno pensiamo che a qualcosa, qualcuno, potremmo aver già detto, senza averne coscienza, un silenzioso addio. Questi sono i nostri limiti, fatti di piccole cose e piccole azioni: un grande poeta e scrittore come Jorge Luis Borges ha saputo dirlo, assai meglio di me, con una poesia stupenda. La pubblico in lingua originale.

Límites

De estas calles que ahondan el poniente,
una habrá (no sé cuál) que he recorrido
ya por última vez, indiferente
y sin adivinarlo, sometido

a Quién prefija omnipotentes normas
y una secreta y rígida medida
a las sombras, los sueños y las formas
que destejen y tejen esta vida.

Si para todo hay término y hay tasa
y última vez y nunca más y olvido
¿quién nos dirá de quién, en esta casa,
sin saberlo, nos hemos despedido?

Tras el cristal ya gris la noche cesa
y del alto de libros que una trunca
sombra dilata por la vaga mesa,
alguno habrá que no leeremos nunca.

Hay en el Sur más de un portón gastado
con sus jarrones de mampostería
y tunas, que a mi paso está vedado
como si fuera una litografía.

Para siempre cerraste alguna puerta
y hay un espejo que te aguarda en vano;
la encrucijada te parece abierta
y la vigila, cuadrifronte, Jano.

Hay, entre todas tus memorias, una
que se ha perdido irreparablemente;
no te verán bajar a aquella fuente
ni el blanco sol ni la amarilla luna.

No volverá tu voz a lo que el persa
dijo en su lengua de aves y de rosas,
cuando al ocaso, ante la luz dispersa,
quieras decir inolvidables cosas.

¿Y el incesante Ródano y el lago,
todo ese ayer sobre el cual hoy me inclino?
Tan perdido estará como Cartago
que con fuego y con sal borró el latino.

Creo en el alba oír un atareado
rumor de multitudes que se alejan;
son lo que me ha querido y olvidado;
espacio y tiempo y Borges ya me dejan.


Jorge Luis Borges

Musica: "WALK" di Ludovico Einaudi

Castello di Calenzano

Una passeggiata dal ponte sulla Marina al castello di Calenzano, immerso nel verde e nei profumi della primavera. Era aperto il Museo del Figurino Storico; sono salito fino in vetta alla torre e - scendendo - mi sono attardato a ammirare le belle miniature conservate, che ricordano con le loro uniformi vivaci guerre di ogni genere, facendoci spesso dimenticare che anche luoghi come questo, oggi immersi in una loro tranquilla e sonnolenta serenità, sono stati più volte teatro di indicibili violenze.

domenica 26 maggio 2013

Neve di primavera sulla Pania Secca

Spettacolare passeggiata dal Rifugio Albergo Alto Matanna nelle Alpi Apuane meridionali fino alla vetta del Monte Croce coperta di narcisi (1314 mt.) insieme ai ragazzi dell'Alpinismo Giovanile del CAI di Prato. Davanti a noi lo spettacolo del gruppo delle Panie coperto di una neve davvero insolita per questa stagione, con sullo sfondo un Appennino anch’esso in veste “invernale”.

sabato 18 maggio 2013

Papaveri a Galceti

Per quanto questa primavera la Natura ci affascini con un rigoglio inconsueto, complice soprattutto la pioggia che cade quasi ogni giorno, non è facilissimo incontrare un campo di papaveri come quello che si può ammirare in questi giorni a Galceti, nell'immediata periferia di Prato. 

Spinto dall'indicazione di un amico, ho preso la macchina fotografica ed ho documentato lo spettacolo di un campo di un mare di corolle rosse fluttuanti sul verde smeraldino delle piante.

mercoledì 15 maggio 2013

Primavera incombente - Un'immagine dalla Calvana

Questa mattina, durante una lunga escursione da Faltugnano ai Bifolchi sui monti della Calvana pratese mi ha colpito lo scorcio del pendio verdissimo della Retaia che sembrava incombere sulle case e sulle strade di Prato. Così vicina e così diversa, due elementi a confronto e in contrasto: ho voluto interpretarli in questo scatto in cui la Prato industriale sembra sbiadire di fronte al rigoglio primaverile della Natura.


domenica 28 aprile 2013

Primavera a Savignano in val di Bisenzio


A Light exists in Spring
Not present on the Year
At any other period —
When March is scarcely here

A Color stands abroad
On Solitary Fields
That Science cannot overtake
But Human Nature feels.

It waits upon the Lawn,
It shows the furthest Tree
Upon the furthest Slope you know
It almost speaks to you.

Emily Dickinson

venerdì 26 aprile 2013

The Lamb Lies Down On Broadway - Teatro Verdi a Firenze

Abbiamo assistito a "The Lamb Lies Down On Broadway" dei Genesis, interpretato dalla tribute band canadese The Musical Box al Teatro Verdi a Firenze. Esecuzione impeccabile, con una ricostruzione davvero "filologica" del concerto originale, un turbine di emozioni che ci ha riportato nel pieno degli Anni Settanta. Pubblico intergenerazionale, dai sessantenni ai teenagers!

domenica 7 aprile 2013

L'Arte del Gesso - Jacques Lipschitz - Palazzo Pretorio di Prato

Siamo stati oggi a visitare l'allestimento di questa collezione di bozzetti in gesso, donati alla città di Prato dagli eredi dello scultore. Bello l'allestimento, belle le opere, sicuramente degne di condividere gli spazi del futuro Museo Civico con i gessi di Lorenzo Bartolini.

sabato 23 marzo 2013

Grotta del Buontalenti, Giardino di Boboli, Firenze: la stanza di Venere

Una mattina da turisti, a Firenze; abbiamo visitato la mostra delle porcellane napoleoniche nel Museo degli Argenti di Palazzo Pitti e poi, per caso, ci siamo trovati all'ingresso della Grotta del Buontalenti. Siamo entrati tra gli ultimi visitatori, e come tutti, siamo rimasti stupiti dall'inventiva e dalla bellezza riversata in questo luogo alcune centinaia di anni fa.

La grotta è stata realizzata da Giorgio Vasari, che ne ha progettato la facciata, e Bernardo Buontalenti che l'ha portata a compimento nel 1593 su incarico del granduca Francesco I de' Medici. E' un ambiente artificiale suddiviso in tre "stanze" che dovrebbero riprodurre gli ambienti di una vera cavità sotterranea. Il tema di fondo che ne ispira la decorazione è quello della materia informe o Caos primigenio che trova l'armonia attraverso la metamorfosi, un tema questo caro al granduca alchimista che ne commissionò la costruzione.

La tematica filosofica, comunque, non ha impedito agli ideatori di inserire altri sottotemi nella decorazione 
a scopo ludico-erotico. I tre ambienti che compongono il complesso presentano infatti una serie di giochi d'acqua, dipinti e sculture che avrebbero dovuto guidare le ingenue visitatrici a cedere ai misteri d'amore attraverso una ben collaudata serie di estasi e smarrimenti davanti al bello, culminanti appunto nella visione di Venere che esce dal bagno, perfetta nella sua nudità, con quattro satiri maliziosi che le spruzzano addosso getti d'acqua.

domenica 10 marzo 2013

Museo e chiesa di Santa Maria Novella, Firenze

Santa Maria Novella
Cliccare sull'immagine per vedere la sequenza fotografica
Un pomeriggio piovoso di marzo, nel museo e nella chiesa di Santa Maria Novella. Non c’era molta gente in giro e l’occhio aveva il tempo di posarsi sui dettagli. Sono i dettagli che rivelano l’essenza di un luogo, sono i sussurri che raccontano la Storia. 

sabato 23 febbraio 2013

Nevicata sul Monte Cagnani, una fotografia e una poesia di Lalla Romano

Questa mattina sono salito per vedere la neve sui primi contrafforti della val di Bisenzio, giungendo prima a Faltugnano e poi a Fabio. Proprio sopra alle poche case del paese le querce del bosco del monte Cagnani dormivano nel gelo incrostate di neve. Tutto taceva, tutto era silenzio. Un silenzio ovattato, come quello che solo la neve sa creare. Chissà perché,  sicuramente per analogia, mi è tornata in mente una poesia di Lalla Romano. Visto che è breve posso citarla qui, di seguito.
"Se il silenzio è più intenso
non solo di ogni rumore
ma d'ogni più alta musica
e la quiete più vasta
non solo delle tempeste
ma del respiro delle maree
io non ti chiamerò più: vita
ma ti darò un nome più dolce"

domenica 17 febbraio 2013

Firenze, Cappella Rucellai in San Pancrazio


Oggi pomeriggio siamo stati in visita alla Cappella Rucellai nella chiesa-museo di Marino Marini, in San Pancrazio a Firenze. L'occasione della visita era il restauro della tomba di Giovanni di Paolo Rucellai, il così detto "Tempietto del Santo Sepolcro" bianco e pulito come se l'Alberti l'avesse finito ieri.

Il Rucellai era un ricco mercante fiorentino, amico dell'Alberti a cui aveva nel tempo commissionato vari lavori, tra cui a sistemazione del palazzo di famiglia e l'edificazione della loggia omonima. Il tempietto, ispirato a quello vero di Gerusalemme, è stata l'ultima delle sue realizzazioni in questa zona: era collocato nella chiesa più prossima al palazzo, e i lavori per la sua costruzione durarono circa dieci anni, dal 1457 al 1467. Il Rucellai che lo aveva commissionato vi fu sepolto nel 1481.

Molto belle e particolari le tarsie marmoree che lo ornano, davvero elegante anche la sua collocazione in un ambiente essenziale che ne esalta le particolarità.

mercoledì 30 gennaio 2013

Panorama in azzurro dalla vetta del Rondinaio

Dalla vetta del monte Rondinaio nell'Appennino Modenese lo sguardo correva alla conca di Barga, oltre le basse quinte delle Apuane Meridionali fin dove tracciava la sua linea obliqua la costa della Versilia. 

Di fronte, sulla sinistra, dal mare di nebbia dell'Alto Tirreno emergeva scuro lo scoglio di Gorgona; più lontano sovrastavano la scena le vette del Cinto e del Rotondo nella Corsica. Ben oltre l'arco della Riviera Ligure, coperte di neve come un gelido Olimpo distante centinaia di chilometri, dominavano tutto e tutti le vette immense del Marguareis e dell'Argentera nelle Alpi Marittime. 

Era il 24 febbraio 1991.